Traduzione di: Silvia Scuotto
Originally appeared on: The New York Times Magazine, by Gideon Lewis-Kraus
http://www.nytimes.com/2015/06/07/magazine/is-translation-an-art-or-a-math-problem.html?smid=tw-share&_r=2
Un'aspirazione Illuminista, che l'industria della fantascienza ha da tempo dato per scontato come una condizione intergalattica necessaria, è il traduttore universale. In un episodio di "Star Trek" del 1967, il signor Spock assembla questo tipo di dispositivo con pezzi di ricambio che si trovano nella nave. Un cilindro cromato allungato con spie lampeggianti rosse e verdi, assomigliante a una spada laser retratta; il Capitano Kirk spiega come funziona con una disquisizione improvvisata sui principi della "grammatica universale" di Chomsky, e sbarcano sul pianeta deserto di Gamma Canaris N, dove saranno tenuti in ostaggio da un alieno. L'alieno, che chiamano la Compagna, si materializza come una frazione di nuvola scintillante. Sembra un albero di Natale arancione fatto di mortadella vaporizzata. Kirk afferra il traduttore e lo rivolge verso il loro rapitore in un lento, paternalistico tono da metti-giù-la-pistola. La potentissima Compagna è stupita.
Originally appeared on: The New York Times Magazine, by Gideon Lewis-Kraus
http://www.nytimes.com/2015/06/07/magazine/is-translation-an-art-or-a-math-problem.html?smid=tw-share&_r=2
Un famoso dilemma esistenziale, passato attraverso Google Translate |
Un'aspirazione Illuminista, che l'industria della fantascienza ha da tempo dato per scontato come una condizione intergalattica necessaria, è il traduttore universale. In un episodio di "Star Trek" del 1967, il signor Spock assembla questo tipo di dispositivo con pezzi di ricambio che si trovano nella nave. Un cilindro cromato allungato con spie lampeggianti rosse e verdi, assomigliante a una spada laser retratta; il Capitano Kirk spiega come funziona con una disquisizione improvvisata sui principi della "grammatica universale" di Chomsky, e sbarcano sul pianeta deserto di Gamma Canaris N, dove saranno tenuti in ostaggio da un alieno. L'alieno, che chiamano la Compagna, si materializza come una frazione di nuvola scintillante. Sembra un albero di Natale arancione fatto di mortadella vaporizzata. Kirk afferra il traduttore e lo rivolge verso il loro rapitore in un lento, paternalistico tono da metti-giù-la-pistola. La potentissima Compagna è stupita.
"I miei pensieri",
dice con un po' di confusione "li potete sentire."
Lo scambio sottolinea
l'ambizione utopica che a lungo ha motivato la traduzione universale.
La Compagna potrebbe essere una nebbia di ioni con globuli
scintillanti di viscere, un ammasso di parti robuste di carne sospese
in gelatina, ma una volta che Kirk ha stabilito la comunicazione, la
prima cosa che fa è insegnarle a comprendere l'amore. È un sogno
che si rifà alla Genesi, quello di una lingua comune che mappa
perfettamente il mondo. Nelle Scritture, questo ha permesso
all'umanità di essere così ben coordinata, così simile nella sua
comprensione, che tutti i subappaltatori del mondo concordassero un
tempo per costruire una torre per il cielo. Da Babele, però, anche i
progetti di costruzione più piccoli sono afflitti da terribili
ritardi.
La traduzione è
possibile, eppure siamo ancora tormentati dal conflitto. Questo stato
di cose è spesso attribuito ai traduttori, che non devono star
facendo un lavoro appropriatamente fedele. L'espressione più concisa
di questo sospetto è "traduttore, traditore", un modo di
dire italiano comune, che è davvero un dibattito mascherato da
proverbio. In inglese, letteralmente, "translator, traitor",
ma anche se questo è semanticamente il punto, non corrisponde
all'armoniosità sillabica dell'originale, e dimostra quindi
l'impossibilità affermata.
La traduzione promette
unità, ma comporta il tradimento. Nella sua meravigliosa indagine
sulla storia e sulla pratica della traduzione, “Is That a Fish in
Your Ear?”, il traduttore David Bellos spiega che l'idea stessa di
"infedeltà" ha radici nell'Impero Ottomano. I sultani e i
membri della loro corte rifiutarono di imparare le lingue degli
infedeli, quindi il compito di scambiare comunicazioni con l'Europa
era svolto da una casta ereditaria di traduttori, i Fanarioti. Erano
Greci con la cittadinanza veneziana, residenti a Istanbul. Ai
diplomatici europei non piaceva lavorare con loro, perché la loro
fedeltà non era nei confronti dell'intento dell'originale straniero,
ma della preferenza del sultano. (Apparentemente i Turchi ottomani
non sapevano che l'ambasciator non porta pena, quindi il loro lavoro
era una questione di vita o di morte.) Conserviamo questa persistente
associazione tra traduzione e tradimento.
L'impero inglese ha una
nuova classe Fanariota, e stanno inventando le spade laser cromate
delle applicazioni del prossimo futuro utopico. Sono madrelingua C++,
e risiedono in mezzo a noi in prestito semipermanente da Internet.
Dal lato positivo, non sono fedeli a nessun sultano. L'inconveniente
è che non sono particolarmente fedeli ad alcun linguaggio in
assoluto.
Google Translate è di
gran lunga l'impresa che ha fatto di più per realizzare il vecchio
sogno fantascientifico di scambio sereno e fluido. Il gigante della
ricerca ha reso onnipresenti quei pulsanti, nella posta elettronica e
sui siti web, che offrono la conversione istantanea tra coppie di
lingue. Google dice che il servizio viene utilizzato più di un
miliardo di volte al giorno in tutto il mondo, da più di 500 milioni
di persone al mese. La sua applicazione mobile introduce questi
pulsanti nel mondo fisico: la fotocamera esegue in tempo reale
traduzioni di ciò che abbiamo intorno, segni o menu in sette lingue,
e la modalità di conversazione permette un colloquio fluente,
mediato dalla voce del robot, in 32. Ci sono storie di una donna
congolese che ha partorito in un'ambulanza irlandese con l'aiuto di
Google Translate e genitori adottivi in Mississippi che crescono un
bambino proveniente dalla Cina rurale.
Dal 2009, il documento
politico in materia di innovazione della Casa Bianca ha incluso,
nella sua lista di priorità a breve termine, la "traduzione
automatica, ad alta precisione e in tempo reale" per smantellare
tutte le barriere al commercio e alla cooperazione internazionale. Se
ciò fosse possibile, una varietà di industrie locali perderebbe il
vantaggio finale del loro mimetismo naturale, e la centralizzazione -
nei social network, nei media, nella scienza - accelererebbe
geometricamente. Nessuno nella traduzione automatica pensa che siamo
in minima parte vicini a questo obiettivo; per ora, gli sforzi della
disciplina sono per lo più interessati al doveroso assemblaggio di
"camion da carico" per trasportare le informazioni
attraverso i confini linguistici. La speranza è che le macchine
possano eseguire in modo efficiente ed economico il lavoro di
interpretare frasi il cui contenuto informativo è fondamentale:
"Questo metallo è caldo", "Mia madre si trova in
quella casa crollata", "State lontani da quel serpente".
Oltre al suo uso in Google Translate, la traduzione automatica ha
riscontrato più successo ed è stata più ampiamente implementata
nella propagazione di previsioni del tempo attraverso il continente o
nella riproduzione in 27 lingue di manuali d'uso per gli
elettrodomestici. Come mi ha detto un ricercatore, "Siamo grandi
se siete estoni e si è rotto il tostapane."
Warren Weaver, uno dei
fondatori della disciplina, ha ammesso: "Nessuna persona
ragionevole pensa che una traduzione automatica possa mai raggiungere
eleganza e stile. Pushkin non deve rabbrividire." L'intera
impresa si presenta in toni da camice di modestia. L'assunzione meno
modesta dietro l'obiettivo, però, è che sia possibile separare il
contenuto informativo di una frase dal suo stile. I traduttori umani,
come i poeti, potrebbero essere descritti come persone per le quali
una tale distinzione non è mai chiara o evidente. Ma i traduttori
umani, oggi, non hanno praticamente nulla a che fare con il lavoro
svolto nella traduzione automatica. La maggior parte dei protagonisti
della traduzione automatica hanno poca o nessuna esperienza in
linguistica, tanto meno in lingue o letterature straniere. Invece,
sono quasi tutti scienziati informatici. Il loro rapporto con il
linguaggio è mediato tramite lunghi guanti protettivi attraverso
pareti di vetro piatto.
Molti degli algoritmi
utilizzati da Google e Skype Translator sono stati sviluppati e
affinati da ricercatori universitari. Nel mese di maggio, un
linguista computazionale di nome Lane Schwartz, che insegna presso la
University of Illinois a Urbana-Champaign, ha ospitato la prima
Machine Translation Marathon in America, un hackathon di una
settimana per migliorare gli strumenti open-source che condividono
quelli senza le risorse di Google. Urbana-Champaign è largamente
conosciuta al di fuori dell'Illinois per due persone: David Foster
Wallace, che è cresciuto lì, e Marc Andreessen, che ha inventato il
primo browser web grafico ampiamente adottato, quando era studente
all'università. (Schwartz suggeriva una terza: HAL 9000.) Si è
tentati di vederli come i due estremi dello spettro: Wallace come
partigiano di neologismi, allusioni e profondità, Andreessen sul
lato della proliferazione, accesso e ampiezza.
A questa conferenza, per
lo meno, lo spirito di Andreessen ha prevalso. Sebbene i partecipanti
provenissero da luoghi come Grecia, India, Israele, Suriname e
Taiwan, quasi nessuno ha tradito alcun interesse per il linguaggio in
quanto tale. Hanno capito che il linguaggio è qualcosa di ricco e
scivoloso, ma erano lì per la matematica.
La maratona ha avuto
luogo presso un centro congressi collegato a qualcosa chiamato
iHotel. Il centro era un corridoio a forma di U fiancheggiato da
camere nominate come le virtù – la sala riunioni Direttiva, la
stanza Fedeltà, la sala Conoscenza, la sala Innovazione e la stanza
Eccellenza. Alle presentazioni, gli informatici con espressioni serie
commentavano regolarmente "I paragrafi probabilmente dovrebbero
essere coerenti per tema" o "la struttura grammaticale può
avere importanza in una frase". Un relatore ha affermato che a
volte il francese pone gli aggettivi prima del sostantivo e a volte
dopo, ma che, ha concluso con una breve scrollata di spalle, "nessuno
sa perché o quando."
Uno dei presentatori
della maratona americana ha indossato per due giorni consecutivi
logore T-shirt grammaticali - una con scritto, "La buona
grammatica non costa nulla!" e l'altra, "Sto correggendo
silenziosamente la tua grammatica" - così ho immaginato potesse
vedere il suo lavoro algoritmico nel contesto di interessi
linguistici più ampi. Gli ho chiesto se parlava altre lingue, e mi
ha detto: «Parlo francese imparato alle superiori, vale a dire che
non lo faccio. Ma è sorprendente quanto poco ci aiuta conoscere
un'altra lingua. Quando si lavora con tante lingue, in realtà non è
utile conoscerne". (Sulla sua terza maglietta c'era scritto,"Non
seguirmi, mi sono perso anch'io.")
La possibilità di una
traduzione automatica, Schwartz ha spiegato, è emersa dalla Seconda
Guerra Mondiale. Weaver, scienziato e amministratore di governo
americano, aveva conosciuto il lavoro dei crittografi britannici che
capirono il codice Enigma dei tedeschi. Gli venne in mente che le
indagini di crittografia avrebbero potuto risolvere un problema del
dopoguerra: restare aggiornati sulle pubblicazioni scientifiche
russe. Semplicemente non c'erano abbastanza traduttori in giro, e
anche se ci fossero stati, ne sarebbe stato necessario un esercito
per restare al passo con la letteratura. "Quando guardo un
articolo in russo", ha scritto Weaver, "dico: 'Questo, in
realtà, è stato scritto in inglese, ma è stato codificato in
alcuni strani simboli. Procederò ora alla decodifica.'"In
questa prospettiva, il russo era solo inglese travestito con un
costume cirillico, solo un piccolo passo rimosso dal pig latin [N.d.T.].
Nel giro di un anno o
due, questa idea è stata accettata come assurda, eppure la nozione
più ampia di elaborazione algoritmica rimane. Nel 1954 il pubblico
americano è stato sottoposto a una dimostrazione della prima
applicazione non numerica dell'informatica. Una segretaria ha
digitato una frase in russo su una serie di schede perforate; il
computer ha ronzato e tirato fuori un equivalente inglese. Il
Christian Science Monitor ha scritto che il "cervello
elettronico" alla manifestazione "non ha nemmeno sforzato
la sua superlativa versatilità, fornendo la sua interpretazione con
un atteggiamento disinvolto di presunta conquista intellettuale."
Tale dimostrazione,
tuttavia, è stata fondamentalmente truccata. Il computer era stato
fornito di un vocabolario pidgin (per un totale di 250 parole) e gli
avevano proposto una dieta di semplici frasi dichiarative. Nel 1960,
uno dei primi ricercatori nel campo, il filosofo e matematico
Yehoshua Bar-Hillel, ha scritto che nessuna traduzione automatica
sarebbe mai stata accettabile senza una "revisione" umana;
ha richiamato l'attenzione su frasi come "La penna è nella
scatola" e "La scatola è nella penna". Un traduttore
automatico, per avere successo in una situazione di ambiguità
semantica, avrebbe bisogno di avere a portata di mano non solo un
dizionario, ma anche un "un'enciclopedia universale". Il
futuro più luminoso per la traduzione automatica, ha suggerito,
dovrebbe contare su sforzi coordinati tra macchine laboriose ed
esseri umani ben addestrati. La comunità scientifica ha accettato
ampiamente questo punto di vista: la traduzione automatica richiede
l'aiuto di linguisti addestrati, che deriverebbero regole
grammaticali sempre più astratte per distillare linguaggi naturali
fino ai set di simboli formali che le macchine possono manipolare.
Questo paradigma ha
prevalso fino al 1988, anno zero per la moderna traduzione
automatica, quando un team di ricercatori di riconoscimento vocale di
IBM ha presentato un nuovo approccio. Questi scienziati informatici
hanno proposto che l'intuizione di Warren Weaver sulla crittografia
era essenzialmente corretta - ma che i computer dell'epoca non erano
abbastanza potenti per svolgere il lavoro. "Il nostro
approccio", hanno scritto, "evita l'uso di un meccanismo
intermedio (lingua), che codifica il 'significato' del testo di
partenza." Tutto quello che si doveva fare era caricare risme di
testo parallelo attraverso una macchina e calcolare la statistica
probabilità di incontri tra le varie lingue. Se si allena un
computer con materiale sufficiente, arriverà a capire che il 99,9
per cento delle volte, "the butterfly" in un testo inglese
corrisponde a "le papillon" in un parallelo testo francese.
Un ricercatore ha scherzato sul fatto che il suo sistema migliorava
sensibilmente ogni volta che licenziava un linguista. I collaboratori
umani, preoccupati delle sfumature di "significato", d'ora
in poi potranno essere eliminati del tutto.
Anche se alcuni
ricercatori ancora cercano di formare i loro computer a tradurre
Dante con stile, il metodo di "forza bruta" sembra
destinato a rimanere in ascesa. Questa strategia statistica, che
supporta Google Translate e Skype Translator e qualsiasi altro
sistema contemporaneo, è stata sottoposta a quasi tre decenni di
affinamento costante. I problemi di ambiguità semantica sono stati
ridotti - ponendo praticamente nessuna attenzione alla semantica. La
parola inglese "bank", per usare un esempio frequente, può
significare sia "ente finanziario" che "lato di un
fiume", ma queste sono due parole distinte in francese. Quando
dovrebbe essere tradotto come "banque", quando come "rive"?
Un modello probabilistico farà in modo che il computer esamini
alcune delle altre parole vicine. Se la frase contiene altrove le
parole "soldi" o "rapina", la traduzione corretta
è probabilmente "banque". (Questo non funziona in tutti i
casi, naturalmente - una macchina potrebbe trovarsi in difficoltà
con una frase relativamente semplice come "Un parigino deve
avere un sacco di soldi per vivere sulla riva sinistra").
Inoltre, se avete un buon modello probabilistico di come appaiono o
meno frasi standard in una lingua, saprete che l'equivalente francese
di "La scatola è nello strumento da scrittura pieno di
inchiostro" non si incontra praticamente mai.
L'enfasi contemporanea
non è quindi sulla ricerca di modi migliori per riflettere la
ricchezza o la complessità della lingua di partenza, ma
sull'utilizzo di modelli di linguaggio per appianare un dato
ingarbugliato. Una buona metafora per l'atto di traduzione è simile
al tentativo di rispondere alla domanda "Quale giocatore nella
pallacanestro corrisponde al quarterback?" I ricercatori attuali
ritengono che non c'è realmente bisogno di sapere molto di football
per rispondere a questa domanda; bisogna solo fare in modo che le
persone che sono state chiamate a giocare a pallacanestro capiscano
le regole del gioco. In altre parole, la conoscenza di una
determinata lingua di partenza - e l'enciclopedia culturale
universale casualmente codificata al suo interno - risulta sempre più
irrilevante.
Molti linguisti
computazionali continuano a sostenere che, dopo tutto, sono
interessati solo al "concetto" e che il loro dovere è
quello di trovare il modo economico e veloce di trasportarlo
attraverso le lingue. Ma, in realtà, si sono arrogati il potere di
disegnare una linea luminosa dove finisce "il concetto" e
ha inizio "lo stile". I traduttori umani pensano che non
sia così semplice. L'atteggiamento della macchina è che quando la
madre di qualcuno è intrappolata sotto una casa, è inutile e
ridondante preoccuparsi troppo delle sfumature. Vede la ridondanza e
l'allusività delle lingue naturali come una questione non di
complessità ma di confusione e inefficienza. La maggior parte delle
espressioni preziose ritornano alla media della probabilità
statistica. Se questo la rende impopolare con poeti e appassionati
del linguaggio, così sia. "Andate al convegno della American
Translators Association", mi ha detto un partecipante della
maratona, "e vedrete - ci odiano"
Questo è in parte
vero. Come mi ha spiegato la traduttrice Susan Bernofsky, "Creano
l'impressione che la traduzione non sia un'arte." (Una
traduttrice letteraria ampiamente ammirata, che è voluta rimanere
anonima, ha ammesso che, sebbene lei si preoccupi della missione
della traduzione automatica, pensa che Google Translate sia un
meraviglioso strumento per scrivere note alla donna che le pulisce la
casa.)
Ciò che più
infastidisce i traduttori umani non è l'arroganza delle macchine,
ma la loro appropriazione del lavoro di esseri umani dimenticati o
anonimi. La traduzione automatica sopravviene necessariamente a un
precedente sforzo umano; altrimenti non ci sarebbero i corpora
paralleli che le macchine usano per fare il loro lavoro. Ho detto a
un laureato israeliano che avevo letto la pagina Wikipedia di
Yehoshua Bar-Hillel e avevo scoperto che sua nipote, Gili, è una
piccola celebrità in Israele come traduttrice della saga di "Harry
Potter". Non aveva sentito parlare di lei e non sembrava
interessato al processo mediante il quale un editore ha pagato per
l'importazione di libri di magia per i bambini. Ma non avremmo
strumenti come Google Translate per la coppia di lingue
ebraico-inglese se Bar-Hillel non avesse tradotto di persona, con
cura, più di 4.000 pagine di un corpus parallelo estremamente utile.
In un certo senso, le loro macchine non stanno effettivamente
traducendo; corrono solo lungo i binari creati da altri. Questo è il
peccato originale della traduzione automatica: il campo non sarebbe
nessuna parte senza i traduttori umani che cercano, tuttavia
modestamente, di sostituire.
Forse per mascherare il
senso di colpa associato, il gruppo a Urbana-Champaign ha coltivato
un risentimento minore verso le loro controparti umane. Più di una
volta ho sentito qualcuno alla maratona far riferimento al fatto che
i traduttori umani sono meticolosi e incoerenti e inclini a
lamentarsi. Il controllo qualità è impossibile. Come un
partecipante mi ha spiegato, "Se mostri a un traduttore una
versione non identificata di una sua traduzione di un testo di un
anno fa, scosterà lo sguardo e ti dirà che è terribile."
Un linguista
computazionale ha detto, con un ghigno d'intesa, che c'è un motivo
per cui abbiamo più di 20 traduzioni in inglese del "Don
Chisciotte." Deve essere perché nessuno la fa mai per bene. Se
i traduttori non riescono nemmeno a decidersi su cosa significhi
essere "fedele" o "preciso", qual'è il punto di
preoccuparsene tanto? Sbarazziamoci di tutto l'antiquato concetto di
fedeltà. Tutti i Sancho Panza, tutti i traduttori umani e tutti i
linguisti computazionali sono sulla stessa barca che perde, ma le
macchine tagliano la corda, mentre gli umani ricamano monogrammi
sulle vele.
Ma, come molti ingegneri,
i linguisti computazionali sono così devoti al potere e alla
maestria dei propri mezzi che tendono a perdere la prospettiva su
quale sia l'estremità sulla quale stanno avanzando. Il problema dei
traduttori umani, dai tempi dei Fanarioti, è che c'è sempre la
possibilità che essi possano essere al servizio dei loro capi,
piuttosto che dell'intento del testo stesso. Ma almeno un traduttore
umano si pone le domande - A quale scopo è destinato a servire
questo testo? Quali obiettivi sono codificati in questa lingua? - che
una macchina considera interamente fuori luogo.
Il problema è che tutti
i testi hanno uno scopo in mente, e ciò che fa un buon traduttore
umano è prestare attenzione a come tali scopi servano alla fine -
come esiste lo "stile" in relazione al "concetto".
La stranezza è che credere nell'esistenza di un "concetto"
isolato, oscura spesso gli interessi al cuore della traduzione. Verso
la fine della maratona, ho chiesto a un partecipante perché ha
scelto di mettere le sue conoscenze informatiche al servizio della
traduzione. Ha menzionato, come molti di loro hanno fatto, il
desiderio di sviluppare strumenti che potrebbero essere utili in caso
di terremoti o guerre. Inoltre, ha detto, sperava di contribuire a
ottimizzare l'intervallo di tempo nella proliferazione di notizie
internazionali. Gli ho chiesto cosa volesse dire.
"C'è stato, per
esempio, un enorme ritardo con l'incidente Germanwings."
Non era l'esempio che mi
aspettavo. "Ma a quanto ammontava quel ritardo, circa 10 o 15
minuti?"
Lui ha inclinato la testa "È
un ritardo enorme, se lavori in borsa."
Non ho detto niente a
parole, ma il mio corpo o il mio viso devono aver comunicato una
risposta che l'ingegnere ha frainteso come ignoranza. "Si chiama
arbitraggio multilingue. Se crolla una miniera in spagna, ci si vuol
commerciare il più rapidamente possibile".
--
Gideon Lewis-Kraus è
collaboratore della rivista e autore di “A Sense of Direction:
Pilgrimage for the Restless and the Hopeful.”
Nota del Traduttore
N.d.T.: Il "Pig Latin"
è un gioco linguistico nato in lingua inglese ma adattabile a
qualsiasi altra lingua. Viene generalmente usato dai ragazzi per non
farsi capire dagli adulti (in modo simile all'alfabeto farfallino in
italiano), o anche solo per gioco.