martedì 25 agosto 2015

La traduzione è un problema d'arte o di matematica?

Traduzione di: Silvia Scuotto
Originally appeared on: The New York Times Magazine, by Gideon Lewis-Kraus

http://www.nytimes.com/2015/06/07/magazine/is-translation-an-art-or-a-math-problem.html?smid=tw-share&_r=2


Un famoso dilemma esistenziale, passato attraverso Google Translate


Un'aspirazione Illuminista, che l'industria della fantascienza ha da tempo dato per scontato come una condizione intergalattica necessaria, è il traduttore universale. In un episodio di "Star Trek" del 1967, il signor Spock assembla questo tipo di dispositivo con pezzi di ricambio che si trovano nella nave. Un cilindro cromato allungato con spie lampeggianti rosse e verdi, assomigliante a una spada laser retratta; il Capitano Kirk spiega come funziona con una disquisizione improvvisata sui principi della "grammatica universale" di Chomsky, e sbarcano sul pianeta deserto di Gamma Canaris N, dove saranno tenuti in ostaggio da un alieno. L'alieno, che chiamano la Compagna, si materializza come una frazione di nuvola scintillante. Sembra un albero di Natale arancione fatto di mortadella vaporizzata. Kirk afferra il traduttore e lo rivolge verso il loro rapitore in un lento, paternalistico tono da metti-giù-la-pistola. La potentissima Compagna è stupita.

"I miei pensieri", dice con un po' di confusione "li potete sentire."

Lo scambio sottolinea l'ambizione utopica che a lungo ha motivato la traduzione universale. La Compagna potrebbe essere una nebbia di ioni con globuli scintillanti di viscere, un ammasso di parti robuste di carne sospese in gelatina, ma una volta che Kirk ha stabilito la comunicazione, la prima cosa che fa è insegnarle a comprendere l'amore. È un sogno che si rifà alla Genesi, quello di una lingua comune che mappa perfettamente il mondo. Nelle Scritture, questo ha permesso all'umanità di essere così ben coordinata, così simile nella sua comprensione, che tutti i subappaltatori del mondo concordassero un tempo per costruire una torre per il cielo. Da Babele, però, anche i progetti di costruzione più piccoli sono afflitti da terribili ritardi.

La traduzione è possibile, eppure siamo ancora tormentati dal conflitto. Questo stato di cose è spesso attribuito ai traduttori, che non devono star facendo un lavoro appropriatamente fedele. L'espressione più concisa di questo sospetto è "traduttore, traditore", un modo di dire italiano comune, che è davvero un dibattito mascherato da proverbio. In inglese, letteralmente, "translator, traitor", ma anche se questo è semanticamente il punto, non corrisponde all'armoniosità sillabica dell'originale, e dimostra quindi l'impossibilità affermata.

La traduzione promette unità, ma comporta il tradimento. Nella sua meravigliosa indagine sulla storia e sulla pratica della traduzione, “Is That a Fish in Your Ear?”, il traduttore David Bellos spiega che l'idea stessa di "infedeltà" ha radici nell'Impero Ottomano. I sultani e i membri della loro corte rifiutarono di imparare le lingue degli infedeli, quindi il compito di scambiare comunicazioni con l'Europa era svolto da una casta ereditaria di traduttori, i Fanarioti. Erano Greci con la cittadinanza veneziana, residenti a Istanbul. Ai diplomatici europei non piaceva lavorare con loro, perché la loro fedeltà non era nei confronti dell'intento dell'originale straniero, ma della preferenza del sultano. (Apparentemente i Turchi ottomani non sapevano che l'ambasciator non porta pena, quindi il loro lavoro era una questione di vita o di morte.) Conserviamo questa persistente associazione tra traduzione e tradimento.

L'impero inglese ha una nuova classe Fanariota, e stanno inventando le spade laser cromate delle applicazioni del prossimo futuro utopico. Sono madrelingua C++, e risiedono in mezzo a noi in prestito semipermanente da Internet. Dal lato positivo, non sono fedeli a nessun sultano. L'inconveniente è che non sono particolarmente fedeli ad alcun linguaggio in assoluto.

Google Translate è di gran lunga l'impresa che ha fatto di più per realizzare il vecchio sogno fantascientifico di scambio sereno e fluido. Il gigante della ricerca ha reso onnipresenti quei pulsanti, nella posta elettronica e sui siti web, che offrono la conversione istantanea tra coppie di lingue. Google dice che il servizio viene utilizzato più di un miliardo di volte al giorno in tutto il mondo, da più di 500 milioni di persone al mese. La sua applicazione mobile introduce questi pulsanti nel mondo fisico: la fotocamera esegue in tempo reale traduzioni di ciò che abbiamo intorno, segni o menu in sette lingue, e la modalità di conversazione permette un colloquio fluente, mediato dalla voce del robot, in 32. Ci sono storie di una donna congolese che ha partorito in un'ambulanza irlandese con l'aiuto di Google Translate e genitori adottivi in Mississippi che crescono un bambino proveniente dalla Cina rurale.

Dal 2009, il documento politico in materia di innovazione della Casa Bianca ha incluso, nella sua lista di priorità a breve termine, la "traduzione automatica, ad alta precisione e in tempo reale" per smantellare tutte le barriere al commercio e alla cooperazione internazionale. Se ciò fosse possibile, una varietà di industrie locali perderebbe il vantaggio finale del loro mimetismo naturale, e la centralizzazione - nei social network, nei media, nella scienza - accelererebbe geometricamente. Nessuno nella traduzione automatica pensa che siamo in minima parte vicini a questo obiettivo; per ora, gli sforzi della disciplina sono per lo più interessati al doveroso assemblaggio di "camion da carico" per trasportare le informazioni attraverso i confini linguistici. La speranza è che le macchine possano eseguire in modo efficiente ed economico il lavoro di interpretare frasi il cui contenuto informativo è fondamentale: "Questo metallo è caldo", "Mia madre si trova in quella casa crollata", "State lontani da quel serpente". Oltre al suo uso in Google Translate, la traduzione automatica ha riscontrato più successo ed è stata più ampiamente implementata nella propagazione di previsioni del tempo attraverso il continente o nella riproduzione in 27 lingue di manuali d'uso per gli elettrodomestici. Come mi ha detto un ricercatore, "Siamo grandi se siete estoni e si è rotto il tostapane."

Warren Weaver, uno dei fondatori della disciplina, ha ammesso: "Nessuna persona ragionevole pensa che una traduzione automatica possa mai raggiungere eleganza e stile. Pushkin non deve rabbrividire." L'intera impresa si presenta in toni da camice di modestia. L'assunzione meno modesta dietro l'obiettivo, però, è che sia possibile separare il contenuto informativo di una frase dal suo stile. I traduttori umani, come i poeti, potrebbero essere descritti come persone per le quali una tale distinzione non è mai chiara o evidente. Ma i traduttori umani, oggi, non hanno praticamente nulla a che fare con il lavoro svolto nella traduzione automatica. La maggior parte dei protagonisti della traduzione automatica hanno poca o nessuna esperienza in linguistica, tanto meno in lingue o letterature straniere. Invece, sono quasi tutti scienziati informatici. Il loro rapporto con il linguaggio è mediato tramite lunghi guanti protettivi attraverso pareti di vetro piatto.

Molti degli algoritmi utilizzati da Google e Skype Translator sono stati sviluppati e affinati da ricercatori universitari. Nel mese di maggio, un linguista computazionale di nome Lane Schwartz, che insegna presso la University of Illinois a Urbana-Champaign, ha ospitato la prima Machine Translation Marathon in America, un hackathon di una settimana per migliorare gli strumenti open-source che condividono quelli senza le risorse di Google. Urbana-Champaign è largamente conosciuta al di fuori dell'Illinois per due persone: David Foster Wallace, che è cresciuto lì, e Marc Andreessen, che ha inventato il primo browser web grafico ampiamente adottato, quando era studente all'università. (Schwartz suggeriva una terza: HAL 9000.) Si è tentati di vederli come i due estremi dello spettro: Wallace come partigiano di neologismi, allusioni e profondità, Andreessen sul lato della proliferazione, accesso e ampiezza.

A questa conferenza, per lo meno, lo spirito di Andreessen ha prevalso. Sebbene i partecipanti provenissero da luoghi come Grecia, India, Israele, Suriname e Taiwan, quasi nessuno ha tradito alcun interesse per il linguaggio in quanto tale. Hanno capito che il linguaggio è qualcosa di ricco e scivoloso, ma erano lì per la matematica.

La maratona ha avuto luogo presso un centro congressi collegato a qualcosa chiamato iHotel. Il centro era un corridoio a forma di U fiancheggiato da camere nominate come le virtù – la sala riunioni Direttiva, la stanza Fedeltà, la sala Conoscenza, la sala Innovazione e la stanza Eccellenza. Alle presentazioni, gli informatici con espressioni serie commentavano regolarmente "I paragrafi probabilmente dovrebbero essere coerenti per tema" o "la struttura grammaticale può avere importanza in una frase". Un relatore ha affermato che a volte il francese pone gli aggettivi prima del sostantivo e a volte dopo, ma che, ha concluso con una breve scrollata di spalle, "nessuno sa perché o quando."

Uno dei presentatori della maratona americana ha indossato per due giorni consecutivi logore T-shirt grammaticali - una con scritto, "La buona grammatica non costa nulla!" e l'altra, "Sto correggendo silenziosamente la tua grammatica" - così ho immaginato potesse vedere il suo lavoro algoritmico nel contesto di interessi linguistici più ampi. Gli ho chiesto se parlava altre lingue, e mi ha detto: «Parlo francese imparato alle superiori, vale a dire che non lo faccio. Ma è sorprendente quanto poco ci aiuta conoscere un'altra lingua. Quando si lavora con tante lingue, in realtà non è utile conoscerne". (Sulla sua terza maglietta c'era scritto,"Non seguirmi, mi sono perso anch'io.")

La possibilità di una traduzione automatica, Schwartz ha spiegato, è emersa dalla Seconda Guerra Mondiale. Weaver, scienziato e amministratore di governo americano, aveva conosciuto il lavoro dei crittografi britannici che capirono il codice Enigma dei tedeschi. Gli venne in mente che le indagini di crittografia avrebbero potuto risolvere un problema del dopoguerra: restare aggiornati sulle pubblicazioni scientifiche russe. Semplicemente non c'erano abbastanza traduttori in giro, e anche se ci fossero stati, ne sarebbe stato necessario un esercito per restare al passo con la letteratura. "Quando guardo un articolo in russo", ha scritto Weaver, "dico: 'Questo, in realtà, è stato scritto in inglese, ma è stato codificato in alcuni strani simboli. Procederò ora alla decodifica.'"In questa prospettiva, il russo era solo inglese travestito con un costume cirillico, solo un piccolo passo rimosso dal pig latin [N.d.T.].

Nel giro di un anno o due, questa idea è stata accettata come assurda, eppure la nozione più ampia di elaborazione algoritmica rimane. Nel 1954 il pubblico americano è stato sottoposto a una dimostrazione della prima applicazione non numerica dell'informatica. Una segretaria ha digitato una frase in russo su una serie di schede perforate; il computer ha ronzato e tirato fuori un equivalente inglese. Il Christian Science Monitor ha scritto che il "cervello elettronico" alla manifestazione "non ha nemmeno sforzato la sua superlativa versatilità, fornendo la sua interpretazione con un atteggiamento disinvolto di presunta conquista intellettuale."

Tale dimostrazione, tuttavia, è stata fondamentalmente truccata. Il computer era stato fornito di un vocabolario pidgin (per un totale di 250 parole) e gli avevano proposto una dieta di semplici frasi dichiarative. Nel 1960, uno dei primi ricercatori nel campo, il filosofo e matematico Yehoshua Bar-Hillel, ha scritto che nessuna traduzione automatica sarebbe mai stata accettabile senza una "revisione" umana; ha richiamato l'attenzione su frasi come "La penna è nella scatola" e "La scatola è nella penna". Un traduttore automatico, per avere successo in una situazione di ambiguità semantica, avrebbe bisogno di avere a portata di mano non solo un dizionario, ma anche un "un'enciclopedia universale". Il futuro più luminoso per la traduzione automatica, ha suggerito, dovrebbe contare su sforzi coordinati tra macchine laboriose ed esseri umani ben addestrati. La comunità scientifica ha accettato ampiamente questo punto di vista: la traduzione automatica richiede l'aiuto di linguisti addestrati, che deriverebbero regole grammaticali sempre più astratte per distillare linguaggi naturali fino ai set di simboli formali che le macchine possono manipolare.

Questo paradigma ha prevalso fino al 1988, anno zero per la moderna traduzione automatica, quando un team di ricercatori di riconoscimento vocale di IBM ha presentato un nuovo approccio. Questi scienziati informatici hanno proposto che l'intuizione di Warren Weaver sulla crittografia era essenzialmente corretta - ma che i computer dell'epoca non erano abbastanza potenti per svolgere il lavoro. "Il nostro approccio", hanno scritto, "evita l'uso di un meccanismo intermedio (lingua), che codifica il 'significato' del testo di partenza." Tutto quello che si doveva fare era caricare risme di testo parallelo attraverso una macchina e calcolare la statistica probabilità di incontri tra le varie lingue. Se si allena un computer con materiale sufficiente, arriverà a capire che il 99,9 per cento delle volte, "the butterfly" in un testo inglese corrisponde a "le papillon" in un parallelo testo francese. Un ricercatore ha scherzato sul fatto che il suo sistema migliorava sensibilmente ogni volta che licenziava un linguista. I collaboratori umani, preoccupati delle sfumature di "significato", d'ora in poi potranno essere eliminati del tutto.

Anche se alcuni ricercatori ancora cercano di formare i loro computer a tradurre Dante con stile, il metodo di "forza bruta" sembra destinato a rimanere in ascesa. Questa strategia statistica, che supporta Google Translate e Skype Translator e qualsiasi altro sistema contemporaneo, è stata sottoposta a quasi tre decenni di affinamento costante. I problemi di ambiguità semantica sono stati ridotti - ponendo praticamente nessuna attenzione alla semantica. La parola inglese "bank", per usare un esempio frequente, può significare sia "ente finanziario" che "lato di un fiume", ma queste sono due parole distinte in francese. Quando dovrebbe essere tradotto come "banque", quando come "rive"? Un modello probabilistico farà in modo che il computer esamini alcune delle altre parole vicine. Se la frase contiene altrove le parole "soldi" o "rapina", la traduzione corretta è probabilmente "banque". (Questo non funziona in tutti i casi, naturalmente - una macchina potrebbe trovarsi in difficoltà con una frase relativamente semplice come "Un parigino deve avere un sacco di soldi per vivere sulla riva sinistra"). Inoltre, se avete un buon modello probabilistico di come appaiono o meno frasi standard in una lingua, saprete che l'equivalente francese di "La scatola è nello strumento da scrittura pieno di inchiostro" non si incontra praticamente mai.

L'enfasi contemporanea non è quindi sulla ricerca di modi migliori per riflettere la ricchezza o la complessità della lingua di partenza, ma sull'utilizzo di modelli di linguaggio per appianare un dato ingarbugliato. Una buona metafora per l'atto di traduzione è simile al tentativo di rispondere alla domanda "Quale giocatore nella pallacanestro corrisponde al quarterback?" I ricercatori attuali ritengono che non c'è realmente bisogno di sapere molto di football per rispondere a questa domanda; bisogna solo fare in modo che le persone che sono state chiamate a giocare a pallacanestro capiscano le regole del gioco. In altre parole, la conoscenza di una determinata lingua di partenza - e l'enciclopedia culturale universale casualmente codificata al suo interno - risulta sempre più irrilevante.

Molti linguisti computazionali continuano a sostenere che, dopo tutto, sono interessati solo al "concetto" e che il loro dovere è quello di trovare il modo economico e veloce di trasportarlo attraverso le lingue. Ma, in realtà, si sono arrogati il potere di disegnare una linea luminosa dove finisce "il concetto" e ha inizio "lo stile". I traduttori umani pensano che non sia così semplice. L'atteggiamento della macchina è che quando la madre di qualcuno è intrappolata sotto una casa, è inutile e ridondante preoccuparsi troppo delle sfumature. Vede la ridondanza e l'allusività delle lingue naturali come una questione non di complessità ma di confusione e inefficienza. La maggior parte delle espressioni preziose ritornano alla media della probabilità statistica. Se questo la rende impopolare con poeti e appassionati del linguaggio, così sia. "Andate al convegno della American Translators Association", mi ha detto un partecipante della maratona, "e vedrete - ci odiano"

Questo è in parte vero. Come mi ha spiegato la traduttrice Susan Bernofsky, "Creano l'impressione che la traduzione non sia un'arte." (Una traduttrice letteraria ampiamente ammirata, che è voluta rimanere anonima, ha ammesso che, sebbene lei si preoccupi della missione della traduzione automatica, pensa che Google Translate sia un meraviglioso strumento per scrivere note alla donna che le pulisce la casa.)

Ciò che più infastidisce i traduttori umani non è l'arroganza delle macchine, ma la loro appropriazione del lavoro di esseri umani dimenticati o anonimi. La traduzione automatica sopravviene necessariamente a un precedente sforzo umano; altrimenti non ci sarebbero i corpora paralleli che le macchine usano per fare il loro lavoro. Ho detto a un laureato israeliano che avevo letto la pagina Wikipedia di Yehoshua Bar-Hillel e avevo scoperto che sua nipote, Gili, è una piccola celebrità in Israele come traduttrice della saga di "Harry Potter". Non aveva sentito parlare di lei e non sembrava interessato al processo mediante il quale un editore ha pagato per l'importazione di libri di magia per i bambini. Ma non avremmo strumenti come Google Translate per la coppia di lingue ebraico-inglese se Bar-Hillel non avesse tradotto di persona, con cura, più di 4.000 pagine di un corpus parallelo estremamente utile. In un certo senso, le loro macchine non stanno effettivamente traducendo; corrono solo lungo i binari creati da altri. Questo è il peccato originale della traduzione automatica: il campo non sarebbe nessuna parte senza i traduttori umani che cercano, tuttavia modestamente, di sostituire.

Forse per mascherare il senso di colpa associato, il gruppo a Urbana-Champaign ha coltivato un risentimento minore verso le loro controparti umane. Più di una volta ho sentito qualcuno alla maratona far riferimento al fatto che i traduttori umani sono meticolosi e incoerenti e inclini a lamentarsi. Il controllo qualità è impossibile. Come un partecipante mi ha spiegato, "Se mostri a un traduttore una versione non identificata di una sua traduzione di un testo di un anno fa, scosterà lo sguardo e ti dirà che è terribile."

Un linguista computazionale ha detto, con un ghigno d'intesa, che c'è un motivo per cui abbiamo più di 20 traduzioni in inglese del "Don Chisciotte." Deve essere perché nessuno la fa mai per bene. Se i traduttori non riescono nemmeno a decidersi su cosa significhi essere "fedele" o "preciso", qual'è il punto di preoccuparsene tanto? Sbarazziamoci di tutto l'antiquato concetto di fedeltà. Tutti i Sancho Panza, tutti i traduttori umani e tutti i linguisti computazionali sono sulla stessa barca che perde, ma le macchine tagliano la corda, mentre gli umani ricamano monogrammi sulle vele.

Ma, come molti ingegneri, i linguisti computazionali sono così devoti al potere e alla maestria dei propri mezzi che tendono a perdere la prospettiva su quale sia l'estremità sulla quale stanno avanzando. Il problema dei traduttori umani, dai tempi dei Fanarioti, è che c'è sempre la possibilità che essi possano essere al servizio dei loro capi, piuttosto che dell'intento del testo stesso. Ma almeno un traduttore umano si pone le domande - A quale scopo è destinato a servire questo testo? Quali obiettivi sono codificati in questa lingua? - che una macchina considera interamente fuori luogo.

Il problema è che tutti i testi hanno uno scopo in mente, e ciò che fa un buon traduttore umano è prestare attenzione a come tali scopi servano alla fine - come esiste lo "stile" in relazione al "concetto". La stranezza è che credere nell'esistenza di un "concetto" isolato, oscura spesso gli interessi al cuore della traduzione. Verso la fine della maratona, ho chiesto a un partecipante perché ha scelto di mettere le sue conoscenze informatiche al servizio della traduzione. Ha menzionato, come molti di loro hanno fatto, il desiderio di sviluppare strumenti che potrebbero essere utili in caso di terremoti o guerre. Inoltre, ha detto, sperava di contribuire a ottimizzare l'intervallo di tempo nella proliferazione di notizie internazionali. Gli ho chiesto cosa volesse dire.

"C'è stato, per esempio, un enorme ritardo con l'incidente Germanwings."

Non era l'esempio che mi aspettavo. "Ma a quanto ammontava quel ritardo, circa 10 o 15 minuti?"

Lui ha inclinato la testa "È un ritardo enorme, se lavori in borsa."

Non ho detto niente a parole, ma il mio corpo o il mio viso devono aver comunicato una risposta che l'ingegnere ha frainteso come ignoranza. "Si chiama arbitraggio multilingue. Se crolla una miniera in spagna, ci si vuol commerciare il più rapidamente possibile".

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Gideon Lewis-Kraus è collaboratore della rivista e autore di “A Sense of Direction: Pilgrimage for the Restless and the Hopeful.”


Nota del Traduttore
N.d.T.: Il "Pig Latin" è un gioco linguistico nato in lingua inglese ma adattabile a qualsiasi altra lingua. Viene generalmente usato dai ragazzi per non farsi capire dagli adulti (in modo simile all'alfabeto farfallino in italiano), o anche solo per gioco.  

lunedì 24 agosto 2015

Questo trattamento può aiutarmi? C'è una statistica per questo.

Traduzione di: Silvia Scuotto
Originally appeared on: 
The New York Times, by Austin Frakt and Aaron E. Carroll
http://www.nytimes.com/2015/01/27/upshot/can-this-treatment-help-me-theres-a-statistic-for-that.html?_r=0&abt=0002&abg=1

Nel suo discorso sullo Stato dell'Unione la scorsa settimana, il presidente Obama ha incoraggiato lo sviluppo della "medicina di precisione", che adatterebbe i trattamenti basandosi sulla genetica o della fisiologia degli individui. Si tratta di uno sforzo per migliorare l'efficacia della cura medica, che potrebbe portare alcuni a chiedersi: non abbiamo già farmaci e trattamenti efficaci? In realtà, l'assistenza medica è spesso molto meno efficace rispetto a quanto crede la maggioranza. Solo perché qualcuno ha preso una medicina per una malattia ed è migliorato, non significa necessariamente che il trattamento ha fornito la cura.

Questa lezione fondamentale è veicolata da una metrica nota come il numero necessario a trattare, o N.N.T. [N.d.T.1]. Sviluppato negli anni '80, l'N.N.T. ci dice quante persone devono essere trattate perché una persona ne tragga vantaggio. L'N.N.T. di uno vorrebbe dire che ogni persona trattata migliora e ogni persona non trattata non lo fa, che è come si tende a pensare funzionino la maggior parte delle terapie.

Ciò che può sorprendere è che gli N.N.T. sono spesso molto superiori a uno. N.N.T. a due o anche tre cifre sono comuni.


Consideriamo l'aspirina per la prevenzione degli attacchi cardiaci. Sulla base sia di fattori di rischio modificabili come il livello di colesterolo e il fumo, che di fattori al fuori del controllo dell'individuo, come la storia familiare e l'età, è possibile calcolare la probabilità che una persona abbia un primo attacco di cuore nei prossimi 10 anni. La American Heart Association raccomanda alle persone che hanno una probabilità superiore al 10% di prendere un'aspirina al giorno per evitare gli attacchi cardiaci.

Quanto è efficace l'aspirina per questo scopo? Secondo gli studi clinici, se circa 2.000 persone seguono queste linee guida nel corso di un periodo di due anni, sarà impedito un ulteriore primo attacco di cuore.

Questo non significa che le altre 1.999 persone subiranno attacchi di cuore. Il fatto è che, in media, circa 3,6 di loro avrebbe un primo attacco di cuore indipendentemente dal fatto abbiano preso l'aspirina. Ancora più importante, 1.995,4 persone non subirebbero mai un attacco di cuore, a prescindere che abbiano preso o meno l'aspirina. Solo una persona è in realtà curata dall'aspirina. Se la prende, il numero di persone che rimangono senza attacco di cuore cresce a 1.996,4. Se non lo fa, il numero rimane 1.995,4. Ma per 1.999 delle 2.000 persone, l'aspirina non fa alcuna differenza.

Naturalmente, nessuno sa di essere o meno il fortunato per il quale l'aspirina è utile. Quindi, se l'aspirina è economica e non provoca molti danni, potrebbe valer la pena di prenderla, anche se le probabilità di beneficio sono basse. Ma questo riflette già un compromesso che raramente consideriamo in modo razionale. (E molti trattamenti causano danni. C'è una metrica complementare conosciuta come il numero necessario a nuocere, o N.N.H. [N.d.T.2], che dice che se quel numero di persone vengono trattate, una persona avrà un determinato esito negativo. Per alcuni trattamenti, l'N.N.T. può essere superiore al numero necessario per nuocere, indicando che più persone sono danneggiate che trattate con successo.)

Non tutti gli N.N.T. sono elevati come quelli dell'aspirina per gli attacchi di cuore, ma molti sono più alti di quanto si possa pensare. Un sito web sviluppato da David Newman, direttore di ricerca clinica presso la Icahn School of Medicine presso l'ospedale Mount Sinai, e dal dottor Graham Walker, un professore clinico assistente presso la University of California, San Francisco, è diventato una stanza di compensazione di dati N.N.T. accumulati da studi clinici. Tra questi, ad esempio, vi sono quelli per gli effetti della dieta mediterranea.

La dieta mediterranea, ricca di verdure, frutta, noci e olio d'oliva; moderata nel pesce e pollame; e leggera in latticini, carne e dolci; è stata a lungo sostenuta come mezzo per evitare le malattie cardiache. Nelle persone che non hanno mai avuto un attacco di cuore, ma che sono a rischio, l'N.N.T. è 61 per evitare un attacco di cuore, ictus o morte. E questo è per le persone che aderiscono alla dieta per circa cinque anni. Per quelli a più alto rischio, che hanno già avuto un attacco di cuore, al fine di evitare la morte, l'N.N.T. è di circa 30. Questo è il numero di persone che avrebbero dovuto aderire alla dieta per quattro anni, in modo tale da far sopravvivere una persona in più. Circa 1,4 persone su 30 moriranno, non importa ciò che mangiano; 27.6 non moriranno, non importa ciò che mangiano. Uno solo potrà beneficiare dalla dieta.

Ma non è facile per tutti attenersi a una dieta simile per così tanti anni. Alcuni - per esempio, chi ama bistecca e gelato - sentiranno che diminuisce la loro qualità di vita. Quando si sente che la dieta previene gli attacchi di cuore, allora potrebbe sembrarne valer la pena. Ma suona ancora valerne la pena se si considera che 29 persone su 30 che si attengono alla dieta per diversi anni non vedono alcun beneficio? Continuereste a seguirla per anni e sareste il fortunato per cui conta?

Nei trattamenti, un N.N.T. di 30 è piuttosto buono. Davvero pochi sono inferiori a 10, sebbene alcuni lo siano. Ad esempio, l'uso di steroidi in persone che hanno attacchi d'asma per prevenire il ricovero in ospedale ha un N.N.T. di otto. È un trattamento così evidente e potente, che non ci sono spot e nè editoriali che predicano l'uso di steroidi per l'asma. (Forse ci dovrebbero essere. È probabile che questa terapia sia sottoutilizzata, forse perché la ripartizione dei costi scoraggia alcune persone con l'asma a cercare assistenza quando potrebbero averne bisogno.) Gli steroidi funzionano molto bene per gli attacchi d'asma - meglio di molti trattamenti per altre condizioni. Ma ancora, sette persone su otto che soffrono un attacco d'asma non vedono alcun beneficio negli steroidi rispetto a prevenire l'ospedalizzazione.

Ancora più preoccupante, gli N.N.T. calcolati dai dati degli studi clinici sono probabilmente inferiori a quelli basati su cure mediche nel mondo reale. Negli studi clinici, i trattamenti sono applicati a una popolazione selezionata per la quale sono destinati. Nella pratica medica, è molto comune che i trattamenti siano applicati a una popolazione molto più ampia, tra cui molte persone per le quali ci sono meno probabilità che siano efficaci, il che aumenta l'N.N.T. Forse è così perché i medici preferiscono offrire un trattamento esplicito - forse per sfruttare un effetto placebo - anche quando non è probabile che vi sia un beneficio aggiuntivo.

Infatti, come recentemente riportato su The Times, un nuovo studio ha dimostrato che molte delle persone alle quali viene prescritta l'aspirina per la prevenzione primaria delle malattie cardiovascolari non soddisfano i criteri sopra descritti per il suo utilizzo. A causa di questo uso in una popolazione al di là di quella mirata negli studi clinici, l'N.N.T. in pratica è probabilmente superiore al 2.000 suggerito da tali studi. (Vale la pena notare che le nostre migliori stime di N.N.T. possono aumentare o diminuire quanti più dati sono raccolti e come e a chi sono rivolti i trattamenti.)

Gli antibiotici sono un esempio classico di uso eccessivo. Per esempio, l'N.N.T. per gli antibiotici per curare la sinusite acuta diagnosticata radiologicamente è 15, il che significa che 14 persone su 15 che li prendono non traggono alcun beneficio. Ma i medici scrivono spesso prescrizioni per antibiotici in situazioni in cui la diagnosi di sinusite è molto meno sicura. Questo porta a un'iperprescrizione e a un abuso di antibiotici, aumentando il loro N.N.T. in pratica.

L'uso di stent per aprire le arterie bloccate in pazienti che non soffrono attivamente di un attacco di cuore è un altro trattamento che viene impiegato troppo spesso. (Gli stent sono considerati adeguati a pazienti che stanno avendo un attacco di cuore.) Molti pazienti credono di prolungare la durata della propria vita più di quanto il loro N.N.T. suggerisca. L'N.N.T. è effettivamente infinito, rispetto al trattamento con i farmaci, per le persone che non soffrono di un attacco cardiaco.

Finché non migliora la tecnologia sanitaria, non c'è molto che possiamo fare riguardo gli N.N.T. più grandi di quanto si possa sperare. È solo una questione di tecnologia medica corrente che non tutti beneficino di un trattamento, anche se ben mirati. La spinta del Presidente Obama per "la medicina di precisione" è un tentativo di cambiare tutto questo, utilizzando la genomica per concentrare i trattamenti sulle persone che potrebbero trarne maggiormente vantaggio. Ci vorrà del tempo.

Nel frattempo, sarebbe meglio per tutti se ci fosse una comprensione più consapevole di esattamente quanto beneficio è ragionevolmente prevedibile prendendo un medicinale, cambiando il nostro stile di vita o sottoponendosi a una procedura. Tanto più che la possibilità di beneficio, come espresso dall'N.N.T., potrebbe non valer la pena rispetto al rischio di danno, come espresso dall'N.N.H. Ne discuteremo ancora la prossima settimana.

Correzione: 26 Gennaio 2015
Una versione precedente di questo articolo descriveva in maniera errata il livello relativo di N.N.T. (numero necessario da trattare) negli studi clinici. Gli N.N.T. calcolati dai dati degli studi clinici sono probabilmente inferiori a quelli basati su cure mediche nel mondo reale, non superiori.

Austin Frakt è un economista della salute con diverse affiliazioni governative e accademiche. Scrive sul blog The Incidental Economist, e lo può seguire su Twitter @afrakt.

Aaron E. Carroll è un professore di pediatria presso l'Indiana University School of Medicine. Scrive di ricerca e politica sanitaria sul blog TheIncidental Economist, e lo può seguire su Twitter @aaronecarroll.


Note del Traduttore
N.d.T.1: number needed to treat
N.d.T.2: number needed to harm